In fondo ad un cassetto è stato ritrovato il piccolo libro (40 pagine in tutto) scritto e stampato nel 1945 dallo zio di mia moglie Adriana: Giovanni Memo, in cui racconta la  sua atroce esperienza subita a VILLA TRISTE con i suoi fratelli e suo padre.

 

Il nonno Luigi e gli zii di mia moglie avevano una tipografia in via Rinuccini 5 a Milano, luogo che Adriana ricorda molto bene, quando ancora bambina andava con sua madre a trovare il nonno e gli zii.  Accusati di aver stampato dei manifestini contro il fascismo  gli zii furono portati a "Villa Triste", picchiati dagli sgherri della "Banda Koch" davanti al nonno affinché confessassero i nomi di altri patrioti.

 

Le 40 pagine si leggono tutte in un fiato e sono una testimonianza terribile di quei giorni dove tutto: la vita,

i sentimenti, la morale sembrava non esistessero più. Solo la morte.

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Si racconta che, successivamente, nei primi giorni di maggio 1945, alcuni uomini col fazzoletto rosso al collo (ed in quei giorni Milano era piena di questi patrioti che volevano sostituire la vecchia dittatura con una nuova) si presentarono davanti al nonno Luigi, in tipografia, con l'accusa di aver stampato materiale per i fascisti.  Furono presi a calci ... e non si fecero più vedere....    

Il portone di Via Rinuccini 5 - Milano.

Adriana ricordava la nonna che la salutava, affacciata a quella finestra  ....

I locali della tipografia nel cortile di Via Rinuccini 5. L'esterno non è molto cambiato da allora; anche oggi (2010) negli stessi locali è in funzione una tipografia.

La prima porta a sinistra, era l'ufficio dove lavorava la mamma di Adriana.

A destra, entrando in cortile, abitava il nonno Luigi.

 Ecco la porta di entrata con un piccolo giardino.

Nel 1944 tutta Milano era disseminata di comandi e caserme. Il “servizio sicurezza“ delle SS si trovava in corso Littorio 10 diventato poi C.so Matteotti e numerose furono le polizie politiche fasciste, la Legione Muti, la X Mas, le Brigate nere e la banda Kock. Almeno otto furono i corpi investigativi che operarono indipendentemente l’ uno dall’ altro con proprie carceri. In Via Rovello 2, vecchia sede del Piccolo Teatro, un tempo cinema Fossati, la Legione Muti istituì la propria caserma al comando di Francesco Colombo, un pregiudicato per reati comuni nominato vicequestore dal ministro degli Interni della RSI. In via Tivoli si trovava invece la caserma “Salinas”. A dirigerla il capitano Pasquale Cardella, lo stesso che guidò il plotone d’esecuzione in piazzale Loreto, il 10 agosto 1944, per fucilare 15 patrioti.  L' edificio era il vecchio Istituto Tecnico Commerciale "G.Schiaparelli", dove negli anni '50 io e mia moglie Adriana ci siamo conosciuti e diplomati.

Con la costruzione della linea MM2 l' edificio fu distrutto ed oggi si trova solo un giardinetto, davanti al teatro dedicato a Giorgio Strehler. Il nuovo Piccolo Teatro.

Ma il covo della banda Koch, VILLA TRISTE, così soprannominata per le torture che vi si infliggevano, si trovava in via Paolo Uccello 17-19, zona Lotto-San Siro.  Una villa storica.

Qui nel 1821 il conte Giuseppe Pecchio organizzò una riunione per richiedere l’ intervento di Carlo Alberto contro gli austriaci. Un confidente della polizia li denunciò. Federico Confalonieri e altri patrioti finirono nel carcere dello Spielberg. La proprietà passò a Temistocle Fossati e la villa fu considerata monumento nazionale.

 

 Nel giugno del 1944 vi si installò Pietro Koch, proveniente da Roma, dove aveva gestito un “Reparto Speciale della polizia repubblicana”, su incarico del capo della polizia, Tamburini. 
In qualche periodo vi furono stipate fino a un centinaio di persone. Le urla dei seviziati si sentivano fin dalla strada. Ci furono proteste da parte della popolazione. Intervenne lo stesso cardinal Schuster. Alla fine, il 24 settembre 1944, quasi solo per sporchi affari fra le diverse bande fasciste, (come ha scritto lo zio Giovanni per un carico di benzina), “Villa Triste” fu chiusa. La famiglia Fossati, saputo dello scempio avvenuto, decise di non abitarla più e lasciarla in eredità ad un istituto missionario, che a sua volta lo donò ad una congregazione di suore.

Lapide posta sul muro esterno della villa nel 1986, nel 40° anniversario della Repubblica
Pietro Koch era uno dei tanti tenenti di complemento. Di buona famiglia, tedesco per parte di padre, era nato nel 1918, aveva frequentato il liceo Gioberti a Roma e si era poi iscritto alla facoltà di Giurisprudenza. Il primo richiamo alle armi, nel 1939, aveva fatto sospendere gli studi a questo giovanotto, che fino a quel momento non aveva manifestato nessuna particolare dote ma neanche particolari difetti.

Nel periodo della non belligeranza italiana, cerca di mettersi nel commercio delle automobili, ma non conclude nulla. Nella sua breve attività commerciale incontra un personaggio, l'avvocato di Foligno Augusto Trinca Armati.  Ricco, tossicomane, psicopatico, l'avvocato Trinca, chiacchierato per le sue abitudini troppo libertine, sarà sempre legato a Koch.

Arrivato l'otto settembre, la svolta per la vita di tanti italiani, Koch fa la sua scelta: starà coi fascisti, e infatti è uno dei primi ad iscriversi al neonato Partito Fascista Repubblicano.   Su incarico del capo della polizia Tamburini, il tenente Koch crea a Roma il Reparto Speciale ed inizia gli arruolamenti, con l'aiuto del fedele avvocato Trinca; è ansioso di mettersi in luce, c'è in ballo anche l'aumento della sua dotazione mensile, che arriverà in seguito fino a due milioni (di allora... ).
L'avanzata degli Alleati spinge a nord anche la banda Koch; dopo un breve periodo a Firenze, il Reparto Speciale prende definitivamente sede a Milano, in quella villa di via Paolo Uccello num. 17-19, che verrà ben presto ribattezzata Villa Triste. Alle dipendenze di Pietro Koch lavorano ormai 116 persone, di cui 16 donne, compresa la sua amante, Dusirella Marchi, detta Desi.

L'avvocato Trinca Armati dirige un fantomatico "ufficio legale", vicecapo della banda è un italo argentino, Armando Tela. Uno degli autisti di Koch è Raul Falcioni, già dei GAP.  A Milano la Banda continua con efficacia la caccia ai partigiani ed il lavoro viene apprezzato dai tedeschi.

La guerra era persa, questo lo sapevano tutti, e mentre molti iniziavano a pensare a come salvare la pelle, Pietro Koch si compiaceva di girare per Milano in elegante cappotto di cammello, scarpe lucidissime, con un perenne effluvio di profumo che lo seguiva.  Solo in chiave psichiatrica si può infatti spiegare la condotta di quest'uomo; se i suoi scherani, piccoli anonimi mostri, potevano sperare di farla franca, lui, il "dottor" Pietro Koch, era ormai prigioniero della sciagurata notorietà che si era  costruito.

 

Furono gli stessi fascisti a porre fine all'attività della Banda; Koch fu di intralcio in loschi traffici a qualche pezzo grosso della Legione Muti. Fra il 24-25 settembre 1944 VILLA TRISTE venne circondata da una compagnia di militi della Legione Autonoma Ettore Muti, al comando del questore Bettini e dopo uno scambio di fucilate, fece irruzione nella villa, arrestò una trentina tra uomini e donne che si trovano nei locali, sequestrò denaro, gioielli, orologi e altri oggetti di valore. I reclusi, invece rimasero per alcuni giorni nella Villa, non più in cella, ma sotto quardia della Muti ed in seguito portati a San Vittore, salvo sei che furono internati in Germania.

A pagina 37 del libro, lo zio Giovanni elenca i nomi delle persone recluse a Villa Triste.

 

Il 17 dicembre 1944, fu addirittura il dottor Renzo Montagna, capo della polizia ufficiale ad arrestare nel bar dell' Hotel Plaza (incredibilmente, in una città in cui mancava tutto, qui era possibile trovare tutti i generi di lusso) Pietro Koch mentre stava sorseggiando un liquore. Il giovanotto fu ammanettato e disarmato (in tasca aveva una pistola tedesca, regalo del suo amico, il capitano SS Saewecke).  Koch venne internato a Maderno, e successivamente rinchiuso a San Vittore. Ma aveva ancora degli amici, e pochi giorni prima del 25 aprile 1945 venne liberato dalle autorità fasciste che non si sentirono di lasciarlo in mano ai partigiani.

Coi capelli tinti di biondo e con documenti falsi si recò a Firenze. Qui ebbe notizia che la sua ultima fiamma, Tamara Cerri, era stata arrestata, e allora non ebbe esitazioni: come se volesse concludere con un bel gesto la sua sciagurata avventura umana, andò in Questura e si consegnò alla polizia. "Se avete arrestato Tamara Cerri perché vi dica dov'è Koch, potete liberarla. Koch sono io, arrestatemi". Il 5 giugno 1945 Pietro Koch, dopo un breve processo davanti all'Alta Corte di giustizia, venne fucilato a Roma, a Forte Bravetta. In cella aveva chiesto l'assistenza di un prete, che gli fu concessa. Calmo, impeccabilmente pettinato, prima di sedersi davanti al plotone formato da venti Guardie di Pubblica Sicurezza si preoccupò di assestare con la mano la piega dei pantaloni. Tutta la scena venne filmata. Regista d'eccezione un giovane della ricca borghesia milanese: Luchino Visconti.  Anche Luchino Visconti era stato arrestato da Koch ma venne rilasciato dopo pochi giorni di arresto per intercessione dell'attrice Maria Denis. Fornirà in seguito testimonianze agghiaccianti sui metodi del Reparto Speciale.

BIBLIOGRAFIA

  • Le Brigate Nere, di Ricciotti Lazzero - Rizzoli, 1986

  • L'Italia della guerra civile, di Indro Montanelli e Mario Cervi - Rizzoli, 1983

  • Pietro Koch, il torturatore fascista che terrorizzò Milano di Paolo Deotto.